Un anno fa il Consiglio Comunale di Nonantola, su proposta della Giunta, invitò le società immobiliari proprietarie del Fondo Consolata a presentare un nuovo progetto edificatorio per quell’area verde a est di Nonantola, esterna alla tangenziale. Con quella decisione del Consiglio comunale, cui Nonantola Progetto 2030 votò contro, furono inserite nuove aree produttive, oltre a quelle commerciali e ricettive già previste nel precedente progetto, a fronte di un’irrilevante riduzione della superficie territoriale occupata. Poiché a nostro avviso costruire capannoni industriali su un’area di grande qualità ambientale è una distorsione della buona pratica urbanistica, avanzammo quindi una proposta alternativa: eliminare le funzioni produttive dal Fondo Consolata, spostandole in zone meno pregiate del territorio, e vincolare le aree liberate all’uso boschivo o agricolo, all’interno di un progetto “Nonantola città dei boschi” che mettesse in relazione le realtà ambientali presenti sul nostro territorio: il bosco della Partecipanza, quello del Consolata, il parco della Pace, fino all’argine del fiume Panaro.
Ma l’alluvione cambia tutto e persino la nostra proposta di salvaguardia di una porzione del territorio è superata dalla cruda realtà. Infatti, uno studio sul rischio di allagamento del nostro territorio, commissionato dall’Amministrazione comunale, suggerisce che tutte le aree a ridosso del fiume (come il Fondo Consolata) dovranno essere classificate come “aree ad elevata pericolosità idraulica” e quindi non adatte a nuove edificazioni di qualunque natura.
Occorre quindi ripensare completamente il progetto, cancellando ogni previsione urbanistica su queste aree a rischio idraulico, rinunciando a realizzare un intervento oramai superato da ogni punto di vista, non ultimo quello ambientale, riducendo il più possibile il consumo di suolo agricolo e spostando eventuali diritti edificatori residui su altre zone del territorio.
Sostieniamo e condividiamo la campagna di solidarietà per Cuba, a tutt'oggi ancora strangolata dal "bloqueo" (l'embargo economico contro Cuba), che Obama promise di togliere, Trump al contrario inasprì e Biden ancora in posizione attendista.
Lo scorso 23 giugno, l'assemblea generale dell'ONU ha approvato una risoluzione che ratifica che "l’embargo economico che gli Stati Uniti d’America stanno portando avanti contro Cuba è illegale e che deve cessare". La risoluzione è stata approvata con 184 voti favorevoli (fra cui l'Italia), 3 astensioni (Colombia, Ucraina e Emirati Arabi Uniti) e due soli voti contrari: USA e Israele.
Ricordiamo tutti il sostegno che Cuba diede al nostro Paese durante la prima ondata della pandemia, quando 61 operatori della brigata sanitaria Henri Reeve, vennero in Italia, fornendo la loro esperienza in materia di malattie infettive e coadiuvando il nostro personale sanitario nell’assistenza alle prime vittime del virus.
Si tratta sicuramente di possibili realizzazioni dal forte impatto sociale, culturale e ambientale che però a nostro avviso dovrebbero trovare momenti preventivi di approfondimento e di confronto, sia negli ambiti strettamente istituzionali (per esempio nelle Commissioni consigliari competenti), sia nella cosiddetta società civile (associazioni, organizzazioni sindacali, gruppi di cittadinanza attiva, ecc.), mentre invece rappresentanti e cittadini vengono informati direttamente dalla stampa senza alcuna forma di coinvolgimento attivo nell’elaborazione dei progetti.
Fatte salve le prerogative del privato nella propria autonomia decisionale, è altrettanto scontato che, laddove queste iniziative intervengano su servizi alla persona (RSA) ovvero sui servizi ambientali (gestione dei rifiuti), la progettazione debba essere realizzata in un’ottica di complementarietà ed integrazione, ossia considerando l’intera rete dei servizi territoriali dove al pubblico spetta prioritariamente il compito di governance.
La recente esperienza della pandemia ha messo oltremodo in evidenza le criticità dell’assistenza socio-sanitaria residenziale quando essa non sia efficacemente collegata alla rete dei servizi socio-sanitari territoriali e sia motivata prevalentemente dalla sostenibilità economica. Ci lascia quindi quantomeno perplessi la realizzazione a Nonantola di una mega-struttura da 100 posti letto, quando le indicazioni ministeriali ante-pandemia già prevedevano un massimo di 60 ospiti per RSA e oggi, il Ministro Speranza ha istituito una specifica commissione con il compito di riorganizzare queste strutture nella consapevolezza che le RSA rappresentino un ampio contenitore di realtà diverse che rispondono a tipologie di anziani diversi.
Analogamente, ci chiediamo se la realizzazione dell’impianto di biometano, che smaltirà integralmente il digestato prodotto a Spilamberto presso l’impianto di compostaggio Nonantola, avrà un impatto negativo sul possibile conferimento da parte di Geovest del rifiuto organico prodotto a Nonantola, un’ipotesi che era stata avanzata dalla nuova dirigenza di SARA (società del gruppo Inalca che gestisce l’impianto di compostaggio) nel corso della presentazione pubblica del progetto di adeguamento funzionale del sito di Via Larga (a proposito… come procede quel progetto???).
Infine, sul nuovo polo culturale, apprezziamo il lavoro svolto dagli operatori e dall’Ufficio Cultura, ma dobbiamo evidenziare lo scarso coinvolgimento degli cittadini e delle associazioni culturali nell’elaborazione di quello che l’Assessore alla Cultura ha definito un “nuovo capitolo della lunga storia dei servizi culturali nonantolani”.
Perché questa Amministrazione è così riluttante a costruire con i cittadini percorsi di progettazione e di approfondimento sui temi che riguardano la nostra comunità? La stessa informazione e comunicazione istituzionale, oggi relegata prevalentemente nelle pagine social personali dei singoli amministratori, riduce il ruolo del cittadino a semplice spettatore passivo. Ci si chiede: sulla costruzione della RSA e sulla gestione dell’impianto di compostaggio la nostra Amministrazione sta governando la situazione o la sta subendo? A quando il trasferimento del polo culturale presso gli spazi definitivi nell’ex-nido Perla Verde? In mancanza di un dibattito costruttivo nelle sedi istituzionali, porremo queste domande all’Amministrazione con una serie di interrogazioni consigliari. Anche a Nonantola la sfida è quella di riportare la politica nel territorio, sconfiggendo l’apatia dilagante e rianimando la partecipazione anche attraverso forme di aggregazione (es. le consulte) e luoghi pubblici dedicati (es. l’Urban center).
Nei primi sei mesi di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2020, è più che raddoppiato il numero di migranti e rifugiati morti durante il tentativo di raggiungere l’Europa via mare.
Il rapporto dell’OIM (Organizzazione Internazionale Migrazioni dell’ONU), racconta di un dramma umanitario che tra gennaio e giugno ha portato alla morte almeno 1.146 persone, più del doppio dei morti nello stesso periodo del 2020.
Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, il numero dei migranti che attraverso le rotte marittime ha tentato di raggiungere l’Europa e’ aumentato del 56%. La rotta del Mediterraneo centrale tra Libia e Italia è stata la più mortale, con 741 vittime accertate. Il numero effettivo dei morti potrebbe essere molto più alto poiché diversi naufragi non vengono segnalati e altri sono difficili da verificare, mentre le ONG hanno avvertito che l’assenza di navi di ricerca e soccorso governative, in particolare nel Mediterraneo centrale, rende più pericolosi i viaggi dell’ultima speranza.
Tutto questo mentre i lager libici continuano a riempirsi ed a disattendere i più elementari diritti umani.
Secondo l’OIM nei primi sei mesi del 2021 poco più di 20.500 persone sono sbarcate in Italia ma altre 15.700 sono state intercettate e riportate indietro dalla Guardia Costiera libica e rinchiuse in campi dove vengono private della libertà e sottoposti a torture e stupri. Respingimenti effettuati dalla Libia per procura, dal momento che il diritto internazionale vieta agli Stati europei di effettuarli. La condotta della Guardia Costiera è a dir poco agghiacciante: manovre che fanno capovolgere le imbarcazioni dei migranti, guardiacoste che filmano la scena anziché soccorrere le persone finite in mare, che sparano alle imbarcazioni che inseguono facendo annegare i migranti ed altre crudeltà.
I centri di detenzione informali che prima erano gestiti dalle milizie, ora sono stati integrati nel sistema della direzione per il contrasto all’immigrazione illegale del governo libico, che ha promosso addirittura chi gestiva quei luoghi informali, ora diventati luoghi ufficiali di detenzione. Tale scelta peggiora ulteriormente le cose e incarna la complicità europea nei crimini libici.
Con il voto a favore del rinnovo del finanziamento degli accordi di cooperazione con la Libia, di giovedì 15 luglio scorso, la Camera dei Deputati – con la nobile eccezione di 34 deputati tra M5S, LeU, +Europa e Pd – ha deliberatamente votato di finanziare con denaro pubblico il sostegno a chi in modo sistematico viola i diritti umani e la vita. Decidendo di chiudere gli occhi, si è persa l’occasione per cambiare passo sul tema delle migrazioni, per esempio attraverso la cooperazione tra gli Stati membri della UE, la sperimentazione di vie d’accesso legali e corridoi umanitari, l’istituzione di una missione di soccorso di carattere istituzionale. Esprimiamo delusione, rabbia e profondo sdegno per questo voto che volta le spalle alla società civile impegnata e di fatto rinnega tutte le Convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani.
Dopo mesi di silenzio assoluto nei quali il Consiglio Comunale non è mai stato coinvolto, arriva nei giorni scorsi l’appello del capogruppo PD a “intraprendere un percorso congiunto che porti a un documento condiviso sulla permanenza della Caserma”, cui Nonantola Progetto 2030ha risposto positivamente. Ma con nostra sorpresa stamattina sui giornali la Sindaca puntualizza che nell’interlocuzione con la Prefettura e i Carabinieri “ci può sedere una maggioranza democraticamente eletta” e che la minoranza “non può dialogare direttamente con Prefettura e Arma”.
Queste affermazioni rivelano una visione distorta e dal sapore autoritario del dialogo fra i soggetti (tutti rigorosamente eletti) che siedono in Consiglio Comunale e una scarsa conoscenza e rispetto dei ruoli istituzionali. Ci è ben chiaro che al tavolo con la Prefettura siede il Sindaco (stia tranquilla la nostra prima cittadina), ma ci è altrettanto chiaro che chi vi parteciperà ci andrà con un mandato e noi avevamo inteso che l'appello del capogruppo PD riguardasse appunto la definizione del mandato.
Per noi il problema della chiusura della caserma è serio e all'incontro tra i capigruppo, se sarà confermato, daremo il nostro contributo per risolvere il problema, anche se le dichiarazioni fatte ci lasciano alquanto disorientati. Chiediamo quindi che nei rapporti fra la maggioranza e la Sindacasi faccia chiarezza sulla natura del percorso congiunto che si intende intraprendere, perché se da un lato si fanno appelli all’unità, dall’altra si chiude al dialogo e, nel frattempo, la situazione – finora gestita sempre dall’Amministrazione – precipita.
In queste ore girano sui social appelli da parte della maggioranza che chiedono a tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio comunale di fare fronte comune per risolvere la questione della possibile chiusura della caserma dei Carabinieri e della sua trasformazione in un front-office in via Natale Bruni, ricavato da un immobile sequestrato alla criminalità organizzata.
Quello dell'incombente sfratto dei Carabinieri dall'attuale (oramai ex-) caserma di via Salvo D'Acquisto è un problema aperto da quasi un decennio. La "soluzione" individuata dall'attuale Amministrazione era quella di consentire al proprietario di ristrutturare e ampliare l'immobile a fronte di un adeguamento del canone di affitto. Come avevamo già detto nel 2018, l'accordo aveva troppi margini di incertezza e rischiava di avere come unico risultato quello di spostare in avanti il problema della collocazione definitiva della caserma. La finalizzazione di quel nebuloso accordo sarebbe dovuto avvenire con l'approvazione di una variante urbanistica nel febbraio 2020, ma a sorpresa, in Consiglio comunale il punto riguardante la caserma venne stralciato "per mancanza dei presupposti per l'approvazione". Lo sfratto esecutivo notificato oggi ai Carabinieri conferma, nei fatti, i nostri dubbi di allora.
Di fronte ad una situazione che è palesemente precipitata (la caserma in un camper a Nonantola non si era mai vista prima, neanche in occasione del terremoto) dalla maggioranza arriva un appello pubblico all'unità per "raggiungere insieme obiettivi importanti per la comunità". Noi sul tema del mantenimento della caserma sul territorio c'eravamo prima e ci siamo anche adesso, ma non ci si faccia la paternale sulla collaborazione o sull'importanza del tema. Ognuno si assuma le responsabilità delle scelte fatte e di cosa invece non sia stato fatto.
Rispetto alla presenza di una caserma dei Carabinieri, Nonantola Progetto 2030 ribadisce la necessità di mantenere un presidio locale, inserito organicamente nel quadro dell’Unione del Sorbara, per garantire a tutti i cittadini sicurezza e legalità. Pertanto proponiamo l’apertura di un tavolo permanente con la Prefettura, l’Amministrazione e il Consiglio Comunale che, affrontando in maniera efficace e duratura sia la questione della collocazione della caserma, sia la questione della ripartizione degli oneri fra i vari soggetti, si confronti nei termini di un rinnovato accordo sull’immobile di via Salvo D’Acquisto ovvero, in caso contrario, nell’individuazione di un’alternativa adatta ad ospitare a Nonantola una caserma e non un semplice front-office aperto solo in determinati orari.
Il ruolo delle Stazioni e dei suoi comandanti va ben oltre lo svolgimento delle attività primarie di polizia. Esso si sostanzia in un rapporto di conoscenza diretta e reciproca con il cittadino che richiama una vera e propria funzione di “rassicurazione sociale”. I Carabinieri della Stazione non “prestano servizio” in un Comune, gli “appartengono” e ne costituiscono un punto di riferimento sociale ed umano oltre che professionale. Ad essi ci si affida per ricevere un parere autorevole sulle questioni più disparate, per un consiglio o un aiuto.
Terzo incontro martedì 27 aprile ore 18:30 - Transizione ecologica e emergenza climatica
Intervengono:
Carlo Cacciamani - climatologo - Responsabile del servizio IdroMeteoClima - Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente Emilia-Romagna (ARPAE): I cambiamenti climatici antropogenici in Emilia-Romagna
Testimonianza di Francesca Serafini - Friday for Future Castelfranco Emilia
Testimonianza di Francesco Vincenzi - Presidente del Consorzio della Bonifica Burana
Elly Schlein - Vice Presidente della Regione Emilia-Romagna e promotrice di Emilia-Romagna Coraggiosa: La sfida della transizione ecologica e la lotta alle diseguaglianze: il patto per il lavoro e il clima
Interventi e domande dal pubblico attraverso i canali YouTube e Facebook.
In diretta streaming sui canali YouTube e Facebook di Emilia Romagna Coraggiosa Modena.
La Provincia di Modena ha recentemente istituito un osservatorio sui dati del contagio da covid-19, che riporta, comune per comune, il valore dell'indice di incidenza di nuovi casi settimanali riferiti a una popolazione di 100 mila abitanti. È uno strumento molto utile e importante che avevamo già chiesto pubblicamente in un nostro precedente comunicato, ricevendo, da parte di alcuni, critiche di ingiustificato allarmismo.
Cittadini e istituzioni potranno ora monitorare in tempo reale la situazione del proprio ambito territoriale confrontandola con la soglia critica dei 250 casi settimanali per 100 mila abitanti.
Ringraziando la Provincia per il suo impegno, rimaniamo convinti che la conoscenza della situazione reale non sia mai fonte di allarmismo, ma la base corretta per agire tempestivamente su base oggettiva ed assumere provvedimenti efficaci nei tempi giusti.
Secondo incontro lunedì 22 marzo ore 21 - Sicurezza idrogeologica e difesa del suolo: domande, idee e soluzioni. Un dialogo fra cittadini e istituzioni
Intervengono:
Federica Nannetti - Sindaca di Nonantola
Giovanni Gargano - Sindaco di Castelfranco Emilia
Gian Carlo Muzzarelli - Sindaco di Modena
Irene Priolo - Assessora all'ambiente, difesa del suolo e della costa, protezione civile della Regione Emilia-Romagna
Introduce e conduce: Valentina Graziosi - Emilia Romagna Coraggiosa Modena
In occasione della conferenza dei capigruppo, da noi fortemente richiesta insieme a quasi tutte le forze politiche rappresentate in consiglio comunale e finalmente convocata solo lo scorso 2 marzo, si è parlato della situazione sanitaria di Nonantola. Peccato per l'assenza dell'AUSL alla quale avremmo chiesto perché di fronte a dati allarmanti da noi segnalati già da settimane non sono stati presi provvedimenti.
Ci è stato riferito che i nuovi casi sono in aumento a causa della maggiore contagiosità delle nuove varianti del virus e dai comportamenti non sempre rispettosi delle regole da parte di alcuni cittadini e quindi, a partire dal prossimo 4 marzo, tutta la provincia di Modena sarà dichiarata zona rossa, con forti limitazioni agli spostamenti, chiusure di attività considerate non essenziali e, soprattutto, lo stop alle attività scolastiche in presenza.
Non ci interessa il primato di aver richiamato l'attenzione delle istituzioni su una situazione che stava andando fuori controllo, ma alcune considerazioni dobbiamo farle. La prima riguarda il ruolo delle istituzioni preposte alle decisioni in materia sanitaria. Regioni e governo stanno decidendo se accettare come valore di incidenza critica quella suggerita dal CTS, ossia 250 nuovi casi settimanali per 100 mila abitanti, superati i quali si andrebbe automaticamente in zona rossa. I dati che abbiamo pubblicato indicano che Nonantola avrebbe superato la soglia critica già il 4 febbraio. Perchè chi raccoglie e gestisce i dati del contagio (leggasi l'AUSL) non ha segnalato il rapido aumento dei casi e il superamento della soglia critica? Perchè la prima azione concreta di contrasto arriva a un mese dai primi campanelli di allarme? Qual è la catena delle decisioni e perchè è così in ritardo rispetto ai segnali? Ci voleva la decisione dei giorni scorsi del Sindaco di Bologna per affrontare l'argomento e sbloccare la situazione?
La seconda riguarda i numeri del contagio. Servono indicazioni chiare e costantemente aggiornate sull'andamento della pandemia. Il bollettino che fornisce l'AUSL, pubblicato quotidianamente anche sul sito web del Comune, non dà una lettura chiara della situazione. Il numero quotidiano dei nuovi casi e delle persone attualmente positive non consente di monitorare l'incidenza del contagio. Serve una raccolta storica dei dati, con dati aggregati per settimana e riferita a una popolazione standard di 100 mila abitanti per poter confrontare la situazione di un comune in rapporto a quelli vicini e ai dati provinciali e regionali. Serve cioè un osservatorio provinciale sui dati del contagio che consenta ai cittadini di farsi un'idea reale della situazione e alle istituzioni di prendere decisioni pronte su basi concrete e aggiornate. AUSL e Provincia avrebbero le competenze e le risorse per farlo: chiediamo che venga istituito subito.
Infine la questione delle misure da adottare e dei controlli. Come siamo arrivati alla zona rossa? Evidentemente il costante richiamo al rispetto delle regole non è bastato. Occorre trovare nuove soluzioni, sia per informare i cittadini, sia per disincentivare i comportamenti scorretti. Pensiamo all'uso dell'allarme telefonico che abbiamo già visto in azione durante le fasi critiche dell'alluvione. Un messaggio chiaro sull'esplosione dei contagi e sui rischi per la salute e per le relazioni sociali potrebbe dare un segnale più efficace di un post sulle reti social destinato a perdersi nel rumore di fondo. Pensiamo anche ad una campagna nelle scuole, visto che le nuove varianti del virus si diffondono più facilmente fra i giovani. Pensiamo anche che ai necessari richiami e sollecitazioni al rispetto delle regole si debbano accompagnare controlli stringenti e, se necessario, sanzionare i trasgressori. Lo si deve anche a chi rispetta le regole e si trova oggi a subire le conseguenze di comportamenti scorretti di una minoranza o a mancati provvedimenti più restrittivi nei confronti di attività aggregative extrascolastiche organizzate o libere.
Oggi con la zona rossa generalizzata siamo tutti più penalizzati, attività commerciali, famiglie che devono riorganizzarsi, mobilità limitata, relazioni sociali fortemente ridotte e, dulcis in fundo, scuole di ogni ordine e grado chiuse, didattica a distanza per chi può, con tutti i limiti che ha la scuola a distanza. Occorre agire affinchè la scuola ritorni in presenza nel più breve tempo possibile, eventualmente anche stringendo sulle aggregazioni fuori dalla scuola.